La sala del Senato di Palazzo Madama, ricostruita ad arte in occasione dei 150 anni dell’unità d’Italia, ospita, nella cornice di incontri di Biennale Democrazia 2011, il banchiere italiano Giovanni Bazoli per discutere insieme della nostra Carta Costituzionale. Diventata talvolta oggetto di critica, a partire dall’esperienza del nonno, tra i fondatori del Partito Popolare, e del padre, costituente: ma la Costituzione è difesa dal relatore nella sua integrità . E’ infatti “la casa comune di tutti gli italianiâ€, dice, “e ha funzione di costruire e conservare l’unità del popoloâ€. Inoltre, citando Calamandrei, “deve vivere nella coscienza dei cittadini tutti i giorniâ€. Attraverso la lettura e la discussione dei testi del dibattito pre e post Costituzione, Bazoli ci ha reso partecipi dello stesso sentimento di gioia per l’Unità che animava il padre, escluso dall’attività parlamentare nel ’53 per aver contestato la mancata attuazione di alcuni dettami della Carta, come la Corte Costituzionale.
I principi fondamentali della Costituzione, dice ancora Bazoli, costituiscono un testo politico, più che giuridico, ed è frutto di un compromesso politico, come lo è del resto ogni legge: in democrazia, perciò, si rivela necessario comprendere le istanze fondative della Carta per poterla interpretare quotidianamente. E’ un compromesso che, secondo il relatore, ha come punto di svolta l’assenso della parte cattolica del Parlamento, che, asserendo la necessità di una nuova Costituzione, ha spinto l’indecisione politica tra un nuovo ordinamento o la restaurazione del vecchio verso la prima strada.
La tematica attuale, in definitiva, si intreccia con il percorso storico-politico, nel discorso di Bazoli, per far affiorare lo spirito fondativo della Carta Costituzionale in noi italiani di oggi, per farla vivere e renderla fruttifera secondo i dettami originali.
Le elite sono gruppi ristretti di persone scelte secondo un criterio di qualità . È considerabile buona elite un’elite che risponda a tre principi fondamentali: passione, lungimiranza e senso di responsabilità .
Sono questo tipo di classe dirigente può dar vita ad un cambiamento effettivo. Un gruppo elitario non costituito in modo consono manda in crisi la società tutta, è per questo che l’istruzione ha un ruolo fondamentale, infatti l’universatica, con i mezzi appropriati, si può ritenere l’unica fucina possibile.
Questo è l’argomento trattato da Lorenzo Ornaghi nell’incontro di Biennale Democrazia del 17 aprile, durante il quale è stata analizzata approfonditamente la storia delle elite, dalla loro messa in discussione ottocentesca ad oggi.
Vittorio Parsi, secondo relatore dell’incontro, professore di relazioni internazionali alla Cattolica, nonostante non si presenti come un amante dell’Unione Europea incomincia il suo intervento affermando che molte democrazie sorte dopo il 1989 sono fortunatamente irreversibili proprio grazie ad essa. Come fatto dal suo collega nel precedente intervento sottolinea come la diffusione della democrazia sia calata, come quella della Russia stia vacillando e come la Cina non accenni a diventarlo.
Commenta le attuali rivolte del Nord Africa come un fatto sorprendente e positivo, insinua però il dubbio che esse possano diventare come quelle che lui stesso definisce ‘democrazie chiaro-oscure’. Prosegue definendo la democrazia del sistema internazionale come anarchica, in quanto gli attori principali continuano ad essere gli stati sovrani, che come tali non possono essere limitati nella loro azione di governo se non da un sano multilateralismo.
Aggiunge inoltre che la democrazia occidentale non sia una forma di governo da esportare, in quanto la pulsione alla libertà è universale ed essa stessa le ha soltanto dato forma; l’attuale perdita di peso dell’occidente nel contesto internazionale non implica quindi una perdita di pulsione verso la libertà .
Conclude affermando, a differenza del professor Telò, che l’Unione Europea si sta dimostrando sempre più un’eccezione mondiale e che, per preservarla e sfruttarla a pieno, serva una Costituzione Europea in grado di risolvere problemi seri.
La conclusione dell’incontro, effettuata dal primo relatore, il quale chiude affermando che le sfide comuni dell’umanità , quali la lotta all’utilizzo della violenza e i problemi ambientali necessitino di una collaborazione a livello mondiale di istituzioni Regionali, organizzazioni internazionali e istituzioni a tutti i livelli.
Vittorio Arrigoni, attivista per i diritti umani, da anni impegnato per dar voce ad un popolo dimenticato, è stato l’unico giornalista occidentale a raccontare i giorni dell’Operazione Piombo Fuso. Non era solo il megafono di quell’inferno. Vittorio si è sempre battuto per difendere la vita di civili indifesi. Durante le fasi del bombardamento non ha esitato a fare da scudo umano alle ambulanze per evitare che venissero raggiunte dal fuoco israeliano.Ha viaggiato più volte sulle imbarcazioni del Free Gaza Movement per dimostrare l’assurdità dell’embargo imposto da Israele. Un embargo che, senza entrare in analisi politiche, continua a generare fame e sofferenza. Effetti che colpiscono tutti gli abitanti di Gaza, in modo indiscriminato.
Vittorio Arrigoni è morto a 36 anni. Strangolato da un gruppo di estremisti salafiti nel tentativo di Hamas di liberarlo.
Vittorio Arrigoni era una persona a noi vicina. La sua voce ci ha aiutato a comprendere l’orrore che può generare l’odio.
Vogliamo salutare Vittorio ricordando l’obiettivo della sua azione quotidiana: “Restiamo umani”.