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Risorgimento e Antirisorgimento

Uno tra gli appuntamenti più attesi della terza giornata di Biennale Democrazia 2011 si è svolto alle 16:30 nella suggestiva cornice offerta dal teatro Carignano.
Gustavo Zagrebelsky introduce una lectio magistralis di Paolo Mieli su Risorgimento e antirisorgimento.
Per analizzare il risorgimento italiano Mieli ha evidenziato le reazioni che questo ha suscitato negli italiani nei vari anniversari significativi evidenziando come solo di recente è possibile parlare serenamente di questo tema senza suscitare dibattiti irrisolvibili; socialisti e cattolici nel 1911 con comunisti e repubblicani poi nel 1961 hanno sempre avuto modo di ridurre l’enfasi sui festeggiamenti di questo importante anniversario senza mai riuscire a trovare una sintesi per un’Italia unita.
Solo negli anni 90 le cose sono cambiate grazie al lavoro di Scalfaro, Ciampi e Napolitano che hanno voluto richiamare forte l’attenzione su questo importante tema dando agli storici il coraggio di parlare serenamente di risorgimento e antirisorgimento.
Con una minuziosa ricostruzione storica Mieli ha evidenziato come i rapporti fra cattolici e risorgimento siano stati sempre in contrasto: dal Napoleone del triennio giacobino alle guerre d’indipendenza fino alla scomunica di Pio IX per chi andava a votare, le reazioni dei cattolici al risorgimento sono cambiate nel tempo fino a diventare di netto contrasto.
Nelle parole dello storico si è potuto scorgere un certo debole per la figura di Mazzini che a suo dire deve essere rivista, nel giudicare qualche suo fallimento strategico, tenendo conto della sua solitudine in esilio e degli agenti provocatori e degli “invasati” da cui era circondato: sfrondato da tali fattori, esogeni alla sua figura, il Mazzini si rivela una figura mite capace per primo di vedere con passione l’Italia unita.
Ora possiamo parlare di questi argomenti come questioni risolte a differenza di 50 anni fa grazie al lavoro di tante persone a cui un giorno dedicheremo piazze non meno meritate di quelle intitolate a Mazzini e Cavour perché hanno restaurato una storia fatta di chiaroscuri e “finchè non si raccontano tutti i chiaroscuri, una storia non può essere condivisa”.