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L’Italia di Francesco De Sanctis: vizi e virtù degli italiani

 

 

Oggi, al Teatro Gobetti, il fondatore del quotidiano “La Repubblica” Eugenio Scalfari,coordinato da Gustavo Zagrebelzky, ha avuto l’arduo compito di illustrarci quali sono i vizi e le virtù del popolo italiano: lo ha fatto anche grazie all’analisi di Francesco De Sanctis, scrittore, critico letterario, politico, Ministro della Pubblica Istruzione e filosofo italiano del XIX secolo.

“De Sanctis –racconta Scalfari- era un personaggio curioso: egli non aveva un’idea politica, ma aveva un’idea culturale precisa del Paese. Egli dimostrò come la struttura della lingua sia fondamentale per il pensiero e per il carattere. La lingua è il pensiero che si articola in parole: l’articolazione in parole scioglie la confusione.

Qual è uno dei grandi vizi che caratterizza gli italiani?”. “ Viviamo -spiega Scalfari- in un paese emotivo, cediamo facilmente a moti emozionali. Noi italiani non seguiamo il processo, lo svolgersi delle situazioni, ci facciamo guidare dall’emotività: abbracciamo le idee in modo precario. Nel corso della giornata, emozione dopo emozione, l’italiano, che vive in un mondo emotivo, cambia più volte opinione”.

Menziona, a questo proposito, Francesco Guicciardini, storico, scrittore e politico italiano, vissuto in Italia a metà del 1500. Egli, già allora, aveva constatato, nella sua analisi dell’uomo italiano, questa caratteristica: Guicciardini viveva in un’Italia in cui erano presenti otto Signorie, che avrebbero potuto coalizzarsi per evitare la conquista del Paese da parte dello straniero. Erano ricche, avevano anche la capacità di governare: ma non lo fecero, perché questo voleva dire assumersi la responsabilità di tutti. Era meglio appoggiare il potente di turno. Guicciardini, già allora, aveva constatato che questo era un marchio che pesava sugli italiani, marchio di cui bisognava assolutamente disfarsi.

All’analisi dell’uomo italiano, Scalfari contrappone la storia de “I Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni, analizzata da De Sanctis. Anche Manzoni raccontò di questo marchio, ma lo fece attraverso una storia che tutti conosciamo, incentrando questa caratteristica nella figura di Don Abbondio.

Don Abbondio è una persona per bene, devota alla Chiesa. Si trovò in una situazione difficile, in cui si sentì minacciato dall’arroganza di Don Rodrigo e dei suoi bravi; nonostante questo, avrebbe potuto ugualmente celebrare il matrimonio di Renzo e Lucia, ma non lo fece. Don Abbondio, come tutti sappiamo, preferì allearsi con il più potente.

La situazione si ribaltò quando il Cardinale Federico Borromeo gli offì la sua protezione e benedizione: decise così di curare Lucia (che era stata rapita e poi liberata dall’Innominato) e la restituì alla madre.

L’uomo italiano, continua Scalfari, è quello che, come afferma Guicciardini, “pensa al suo particolare”, proprio come ha fatto Don Abbondio ne “I Promessi Sposi”.

Il fondamento del carattere italiano,però, resta caratterizzato dalla bontà, dalla fede: ma se viene investito di una responsabilità che va al di fuori del suo particolare, non è in grado.

Dobbiamo liberarci di questo marchio: solo così potremo avere uomini e donne che sapranno governare l’Italia, uomini e donne che non hanno solo interessi privati nello schierarsi dall’una o dall’altra parte, ma uomini e donne che credono nella politica e nella giustizia, che rispettano la nostra Costituzione, in modo particolare, cita Scalfari, l’Art. 54: […]”I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”.