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Terre rubate

“Trenta giorni di nave a vapor”. Così inizia la canzone del Sirio, una ballata da osteria scritta per ricordare i cinquecento migranti piemontesi e lombardi morti al largo di Cartagena mentre cercavano di raggiungere le Americhe. Parte da questa storia langarola il fondatore di Slow Food Carlo Petrini per analizzare la crisi globale economica, alimentare e sociale. “Abbiamo la memoria corta – denuncia Petrini – le grandi migrazioni di massa ci hanno visto protagonisti fino a cento anni fa,  ma ancora oggi facciamo fatica a comprenderle e a tollerarle”. Fenomeni dei quali, secondo il fondatore di Slow Food, bisognerebbe indagare non tanto gli effetti e le soluzioni, ma piuttosto le cause che li hanno generati.

Sul banco principale degli imputati, l’attuale sistema alimentare che Petrini giudica criminale. Negli ultimi sessant’anni la percentuale di malnutriti è cresciuta del 360% mentre la popolazione mondiale è aumentata del 200%. Questo significa che la malnutrizione è cresciuta piĂą che esponenzialmente rispetto all’andamento della popolazione

“Le responsabilitĂ  risiedono nel nostro modello di sviluppo”. Fmi e Banca Mondiale hanno imposto modelli di sviluppo insostenibili che si basano su tre elementi: il rafforzamento dell’agricoltura industriale per esportazione (cacao, caffè, cotone); l’abbandono delle campagne per industria manifatturiera nella cittĂ , la scomparsa dell’agricoltura di sussistenza.

Un’altra causa è rappresentata dalla perdita di fertilità dei suoli: “La terra è esausta” è il grido di allarme che arriva dai contadini africani. L’ultima responsabilità è di natura geopolitica e riguarda la compravendita del bene più prezioso per un popolo: la terra. Tra il 2008 e il 2009 sono stati venduti 45 milioni di ettari,  una superficie pari a una volta e mezza all’Italia. Tra i compratori si ritrovano Paesi preoccupati di non sostenere la crescita demografica, paesi con scarsa fertilità, gli speculatori e le imprese produttrici di agro-combustibili.

I modelli di risposta sono due: il primo è di tipo scientifico-tecnico e si basa su una green revolution transgenica che può attingere a grandi disponibilità economiche, il secondo parte dalla cooperazione di oltre 250 milioni di contadini e oppone al capitale economico quello sociale, un mix di giovani e nuove tecnologie. Contadini come quelli delle oasi marocchine che producono marmellate di datteri e zafferano e le vendono online in Europa. Una forma di economia legata al territorio fin dalle radici e che si contrappone alle false soluzioni dei grandi progetti di sviluppo finanziati dall’Occidente. Lo ha spiegato bene un contadino africano: “vengono a costruire una casa nelle nostre terre, ci impongono progetti di sviluppo e alla fine ci chiedono di che colore vogliamo la cucina”.

“Denunciare non basta – conclude Petrini – bisogna enunciare: a partire dai comportamenti individuali e dalle responsabilitĂ  individuali”.  L’accoglienza delle associazioni della cittĂ  verso i migranti arrivati dal Magreb è l’èsempio concreto.